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Tra boschi, cammini e animali selvatici, nasce un’opera che ha unito arte e amicizia.

Era un venerdì pomeriggio del tardo autunno 2020. Fuori pioveva e, seduto alla scrivania del mio ufficio, curiosavo nei siti regionali alla ricerca di qualche spunto commerciale.

Mi imbatto in un bando pubblico per la realizzazione di alcune opere artistiche lungo il Cammino di San Cristoforo. A volte sentiamo una vocina dentro di noi che ci dice di fare una certa cosa anche se all’apparenza essa non ci interessa minimamente. La vocina in questo caso mi  costrinse a leggere fino in fondo il bando anche se aveva ben poco a che fare con l’obbiettivo che mi ero preposto.

Sapevo che di recente era stato definito il Cammino di San Cristoforo in Friuli e che un tratto passava proprio per Borgo Preplans.

Veniva richiesto di proporre un progetto per la costruzione di opere in land-art lungo il percorso per renderlo più attrattivo e bello ai camminatori.

Alla prima lettura veloce sento subito un’emozione crescere dentro me. La mente parte già verso i prati della fantasia, vedo già i protagonisti  e sento già  i dialoghi del bellissimo film che nascerà da questa esperienza.

Sono le 17.00, l’orario di lavoro è finito ma è ora di iniziare a scrivere la trama del nuovo progetto.

La sera stessa ne parlo a mia moglie Monica, ma in realtà conoscevo già la risposta. Ama tutto ciò che è autentico, ciò che dona bellezza e ciò che viene fatto col cuore. Se crede in qualcosa ci si butta a capofitto. Detto, fatto!

Cellulare alla mano chiamò immediatamente Stefano Borselli da sempre appassionato di botanica, paesaggista, fitopatologo e progettista di giardini ma soprattutto amico del cuore nonché compare. Gli espose velocemente il bando. Ma anche in questo caso entrambi conoscevamo già la risposta: facciamolo!!!

Il progetto era interessante e avvincente ma dentro di noi sapevamo che più di tutto era l’idea di realizzare qualcosa insieme che ci attirava. L’idea di mettere  le nostre energie e donarle ad un’opera era qualcosa a cui difficilmente avremo voltato le spalle.

Seguono alcune sere di progettazione e di stesura delle scartoffie necessarie per la partecipazione. Facemmo veloci perché non c’era molto tempo.

Pochi giorni prima della scadenza prendo un’ora di permesso e porto personalmente l’incartamento presso gli uffici di Montagnaleader. Mi assicuro, con Deborah Dal Basso la coordinatrice del progetto, che sia tutto in regola.

Esco con un senso di leggerezza e una voglia irrefrenabile di iniziare.

Passano i mesi, il Covid detta ancora i tempi della nostra vita, e la commissione per l’aggiudicazione del bando continua a rinviare l’appuntamento. Finalmente ci giunge la notizia tanto attesa: ci hanno preso!!!

Felicità all’ennesima potenza ma al tempo stesso panico, per vari motivi abbiamo solo due mesi per terminare tutto.

Dopo un rapido studio della zona di Preplans per individuare il sito dove collocare l’opera, decido di mettere a disposizione una porzione di un mio terreno adiacente al Cammino.

Sembrava il luogo ideale e soprattutto così facendo non dovevamo chiedere permessi o quant’altro per iniziare.

Col senno di poi però capisco  che anche  la scelta del luogo non è avvenuta per caso. Da molto tempo avevo un forte desiderio di ripristinare un vecchio sentiero delimitato da delle mura a secco, lungo un centinaio di metri, che collega appunto il Cammino al luogo designato per la nostra realizzazione. Oramai era impraticabile perchè ricoperto di arbusti e spini. In questo modo avremmo colto due piccioni con una fava. Sicuramente la voglia di fare non ci mancava.

Iniziammo in pieno inverno 2020  e andammo avanti per ca sei settimane, tutti i week end a lavorare ininterrottamente. Il posto era un bosco fitto di Robinie, Frassini e noccioli e andava tutto spianato per formare un bello spazio  accogliente.

Le giornate erano piene ma erano anche colme di gioia. Lavoravamo con impegno ma facendosi un sacco di risate, raccontandoci e confidandoci  molte cose. Si scopre in queste occasioni che il bello spesso consiste si nel progetto in se ma molto  nell’esperienza che si condivide con le persone a cui tieni e dal sentimento che si respira strada facendo.

La pausa pranzo era sempre in loco: un buon panino in mezzo alla natura e un caffè ben caldo anche se la temperatura a volte andava sotto lo zero.

Nel tardo pomeriggio, stanchi e infreddoliti, si scendeva al Borgo per una bella tazza di the bollente e una meritata serata in compagnia al caldo del caminetto riunendo tutte le nostre famiglie.

Il sabato dell’ultimo fine settimana   l’abbiamo dedicata alla pulizia dei dintorni dai rovi, dai rami, dagli alberi che ostruivano il Cammino, e alla sistemazione dei muretti a secco oramai in decadimento. Tutto ciò richiedeva  un impegno pazzesco e le nostre sei braccia non erano di certo sufficienti per terminare tutto in una settimana.  Decidemmo quindi di chiedere aiuto ma sapevamo già su chi poter contare: mio fratello Michele, i miei cugini Alberto e Daniele, mia cognata Barbara e il suo compagno Anacleto persone che magari non vedi o senti  per lungo tempo ma che sai che quando hai bisogno ci sono.

A fine giornata il sito era tirato a lucido. Il sentiero di collegamento al Cammino era stato riaperto, il bosco  era ordinato e gentile permettendo alla luce di illuminare il sito, i prati intorno erano già pieni dei primi fiori che annunciano la primavera (primule, bucaneve…) . Il tutto sembrava indirizzare i nostri sguardi verso la nostra opera : Flussi di Fede.

Era stupenda! la base fatta di tronchi più grossi le donava un senso di solidità, l’intreccio di rami di vario spessore lungo l’arco dell’onda gli dava movimento, i rami sottili, a simboleggiare gli schizzi d’acqua, si inerpicavano verso il cielo quasi a richiamare un senso di spiritualità.

Ci eravamo riusciti! Tutto ciò che avevamo immaginato quella sera dell’autunno del 2020 era diventata realtà, esperienza vissuta.

Il giorno seguente, l’ultima domenica di progetto, la dedicammo a piccoli ritocchi, a qualche foto e a un po’ di riposo.

Stefano fotografava l’opera dalle varie angolature mentre io e mia moglie  sistemavamo un po’ di ramaglie nel bosco appresso. A un certo punto sentimmo urlare il nostro amico avvertendoci di un imminente pericolo: ATTENTI, ATTENTI! Io e Monica ci guardammo sorpresi ma anche impauriti non capendo cosa stesse accadendo. Sentimmo delle forti vibrazioni venire verso di noi, semrava il rumore di un grosso animale che correva lungo il pendio. Non ci sbagliavamo! Saltò il fossato che anticipava il boschetto in cui eravamo, risalì rapido e senza sforzo la riva prima di noi e apparve in tutta la sua maestosità:  il Cervo. Ci passo’ a circa cinque metri di distanza correndo tutto impaurito e battendo con il grande palco i rami che incontrava. Ricordo come fosse ora il suo sguardo. Gli occhi ci fissavano nonostante la corsa, non guardava davanti a lui ma noi.

Io e mia moglie eravamo pietrificati, immobili, incantati da tanta eleganza e tanta potenza. Un animale stupendo che emana un’energia pazzesca. Non capitano spesso incontri così ravvicinati e soprattutto in pieno giorno. Alcuni lo attribuiscono al caso, altri al destino. La nostra sensazione è che il Re della Foresta sia venuto a darci un messaggio: il permesso affinchè ‘Flussi di Fede’ possa restare nel suo Regno! 

La leggenda di San Cristoforo:

Il vero nome di Cristoforo era Reprobo, un gigante che desiderava mettersi al servizio del re più forte del mondo.

Giunto alla corte di un re che si riteneva invincibile, si mise al suo servizio, ma un giorno si accorse che il re, mentre ascoltava un menestrello che cantava una canzone che parlava del diavolo, si faceva il segno della croce. Gli chiese come mai, e il re gli rispose che aveva paura del diavolo, e che ogni volta che lo sentiva nominare si faceva il segno della croce per cercare protezione. Allora il gigante si mise alla ricerca del diavolo, che giudicava più potente del suo re. Non ci volle molto per trovarlo, e si mise a servirlo e a seguirlo. Ma un giorno, passando per una via dove c’era una croce, il diavolo cambiò strada.

Reprobo gli chiese per quale motivo l’avesse fatto, e il diavolo fu costretto ad ammettere che su una croce era morto Cristo e che lui davanti alla croce era costretto a fuggire spaventato. Reprobo allora lo abbandonò e si mise alla ricerca di Gesù Cristo. Un eremita gli suggerì di costruirsi una capanna vicino ad un fiume dalle acque pericolose e di aiutare, grazie alla sua forza e alla sua statura gigantesca, i viandanti ad attraversarlo. Certo Cristo ne sarebbe stato felice e forse un giorno si sarebbe manifestato a lui.

Un giorno il gigante buono udì una voce infantile che gli chiedeva aiuto: era un bambino che desiderava passare sull’altra riva. Il gigante se lo caricò sulle spalle e cominciò ad attraversare le acque tumultuose; ma più si inoltrava nel fiume, più il peso di quell’esile fanciullo aumentava, tanto che solo con molta fatica il gigante riuscì a raggiungere la riva opposta. Lì il bambino rivelò la propria identità: era Gesù, e il peso che il gigante aveva sostenuto era quello del mondo intero, salvato dal sangue di Cristo.

Questa leggenda, oltre ad ispirare l’iconografia occidentale, ha fatto sì che San Cristoforo fosse invocato patrono dei barcaioli, dei pellegrini e dei viandanti.

 

L’Opera

L’opera ‘Flussi di Fede’ vuole rappresentare un particolare momento della leggenda del Santo: fa riferimento all’attraversamento di San Cristoforo di un fiume con in spalla Gesù Cristo.

La storia narra che le acque venivano descritte come impetuose e turbolente. Il cammino del Santo era reso ancor più difficile dal peso portato sulle spalle.

Si sono volute creare due onde stilizzate che si inerpicano verso il cielo per richiamare la forza delle acque. Tra le due si è lasciato un evidente e pulito passaggio in riferimento al percorso di San Cristoforo.

L’intento è quello di dare al visitatore la possibilità di passare in mezzo alle due onde sperando di permettergli di sentire l’energia che attraversa l’opera e l’emozione che essa può trasmettere.

Per la realizzazione sono stati utilizzati solo ed esclusivamente i materiali rinvenuti sul sito. Tutta la zona inizialmente era un bosco fitto ma è stato ripulito per creare lo spazio sufficiente e dare spazio a nuova vegetazione.

I tronchi più grossi sono stati utilizzati come pilastri per le due onde, mentre le curvature sono composte partendo da materiali più spessi fino a giungere a ramaglie sottili che si rivolgono al cielo. Con questa tecnica è stata data dinamicità alla struttura e un senso di movimento alle onde.

Alla base sono stati piantati degli alberelli di carpino che circondano l’intero sito con la prospettiva che, crescendo, avvolgano tutta l’opera portandola ad essere piena di vita.

Nel retro è stata issata una ‘staccionata’ che ne delimita il sentiero e sulla riva sottostante sono state piantate diverse tipologie di fiori tipici della zona, con la volontà di ottenere una fioritura diversa a seconda della stagione.

Intorno alla creazione inoltre, sono stati posizionati diversi tronchi di cedro che fungono da sedute per il camminatore dandogli la possibilità di osservare l’opera  da diverse angolazioni.

È stato scelto questo luogo perchè si affaccia sulla vallata e sulle case della Borgata di Preplans, consentendo al visitatore di ammirare la bellezza del luogo e della natura che lo circonda e dare all’escursionista un momento di riposo.